domenica 26 dicembre 2010

Canto di Natale vs SOS Fantasmi

Titolo: Canto di Natale
Titolo originale: A Christmas Carol
Autore: Charles Dickens
Anno: 1843

Il libro…



Non importa se è stato ieri e se Santo Stefano sta terminando. Non mi faccio sfuggire l’occasione per pubblicare un post in linea con questo periodo dell’anno, così grondante di buoni sentimenti e di propositi da mantenere quale il Natale (ma lo è per davvero, poi?). E cosa c’è, infatti, di più natalizio di A Christmas Carol di Charles Dickens?
Famosissimo in ambito anglosassone, il Canto di Natale è conosciuto pure qui da noi, grazie alle mille trasposizioni cinematografiche e di animazione.
La storia è notissima. Londra, vigilia di Natale. Ebenezer Scrooge è un vecchio e avido finanziere della City che vive solamente per accumulare denaro. Misantropo, arido di cuore e scontroso con tutti, non è generoso nemmeno il 24 dicembre, quando il resto dell’umanità sembra disposta a fare festa e a essere più buona. Per Scrooge il Natale è una seccatura, una sciocchezza e una perdita di tempo (e dunque di denaro). Rifiuta gli auguri dell’unico nipote, tratta in maniera vergognosa il povero impiegato Bob e non scuce un penny per gli indigenti nemmeno quando i rappresentanti di un’associazione filantropica gli chiedono un piccolo contributo. Scrooge l’avido si ritira nella sua casa senza luci, tutto solo a mangiare una cena frugale davanti al debole fuoco del camino, tenuto al minimo per paura di consumare troppa legna. Non sa ancora che, da lì a poco, quella notte sarà “magica” anche per lui.
Innanzitutto, riceve la visita di un fantasma. Si tratta del suo ex socio Jacob Marley, morto sette anni prima, e oggi ridotto a spaventoso ectoplasma, costretto a vagare senza requie tra gli uomini, portandosi dietro la sua pesante catena simbolo della condanna eterna. Marley ammonisce Scrooge a cambiare linea di condotta finché è in tempo, a smettere di vivere nell’egoismo se vuole salvarsi dalla dannazione. Nello stesso tempo gli anticipa l’imminente arrivo di altri tre spiriti.
Queste presenze soprannaturali, rappresentanti rispettivamente il Natale passato, presente e futuro, fanno compiere a Scrooge un pauroso e allucinante viaggio spazio-temporale nelle notti del 24 dicembre che furono, che sono e che saranno. Gli mostrano quanto sia vicino al baratro della perdizione eterna. Dunque sta a lui decidere se proseguire sul suo cammino e cadere nel baratro o redimersi, decidendo finalmente di aprirsi agli altri.    
In fondo, il giorno di Natale potrebbe essere un buon punto di partenza per cambiare vita…

Per gustare davvero questa Favola di Natale è necessario buttarsi alle spalle tutte le prevenzioni, i filtri e i freni della ragione tipici degli “adulti” e lasciarsi andare ai sentimenti – talvolta ingenui e un po’ dolciastri – della retorica natalizia. Insomma, mettiamo da parte ogni traccia di cinismo e di sarcasmo e facciamoci trasportare dalla capacità di affabulazione di Dickens, dal suo sentimentalismo, dal suo paternalismo e dalla sua ferma fiducia nel progresso della società e dell’animo degli uomini.
A Natale tutto può accadere, anche i miracoli. Natale è un momento “magico” (come le presenze soprannaturali che visitano Scrooge) in cui l’umanità si ritrova unita e solidale, in cui recupera sicurezza, conforto e speranza. Il Natale ha, dunque, un alto valore sociale (oltre che religioso). È grazie a cose semplici quali l’abbondanza dei cibi, il calore del fuoco, l’allegria di una risata, lo stare fra le sicure pareti domestiche che le sventure della vita, la malvagità delle persone e il pensiero della morte sembrano allontanarsi e fare meno paura.   
Come quasi tutte le storie di quel maestro della narrazione che era Dickens, anche questa ha lo straordinario potere di fissarsi nella memoria. Lo stesso dicasi per i suoi personaggi che, diventati talmente famosi, si sono trasformati in sinonimi indicanti un comportamento, una virtù o un difetto. Nel nostro caso, dire “Scrooge” è, ormai, come dire “avaro” .  

(Piccola segnalazione. L’edizione del 2005 della Giunti è preceduta da un’interessante introduzione di Lucia Fiorella).

…dal libro al film…

Tra i tanti adattamenti del Canto di Natale, quello di Richard Donner (Superman, I Goonies, Arma Letale etc.) è – a mio giudizio – il più riuscito. Per almeno tre ragioni.

Lo Spirito del Natale Passato e Bill Murray (scena del film)

La prima. Perfetta l’ambientazione della storia nella New York degli edonisti anni Ottanta. Il moderno Scrooge è un tirannico e spietato capo di un network televisivo, disposto a tutto pur di avere indici di ascolto più alti dei concorrenti. Quindi niente ricostruzioni di cartapesta della Londra di metà Ottocento, niente neve di polistirolo, niente barbe finte e comparse con cappelli a cilindro, ma grattacieli di Manhattan e luci del Rockfeller Center.  
La seconda. La bravura nel seguire – quasi in maniera filologica – la trama originale e, nel contempo, nell’inventarsi trovate divertenti e “credibili” per la versione in chiave moderna. Lo Spirito del passato, per esempio, è un taxista folle che usa il suo cab come macchina del tempo. Quello del Natale presente è una spassosa fatina un po’ bruttina e piuttosto manesca. Da non dimenticare l’intelligente e scanzonata ironia che pervade tutta la pellicola, vero antidoto alla possibile indigestione di zuccheri che una storia del genere porta con sé.
La terza. Bill Murray (e dicendo così non servirebbero altre spiegazioni). È lui lo Scrooge del XX secolo, con le sue smorfie, con la sua faccia da schiaffi, il suo velenoso sarcasmo, il suo cinico distacco, il suo rifiuto per le smancerie e la sua misantropia.
Queste caratteristiche sono il filo rosso che contraddistingue la sua carriera e che ritroviamo in pellicole come Ghostbuster, Ricomincio da capo, Lost in Translation o  Broken Flowers. Un genio!

Ultima annotazione. Non sfuggono i richiami (a cominciare dal titolo e dalla campagna promozionale dell’epoca) al supersuccesso Ghostbusters, uscito quattro anni prima (1984).   

Dati film

Titolo: SOS Fantasmi
Titolo originale: Scrooged
Regista: Richard Donner
Sceneggiatura: Mitch Glazer, Michael O'Donoghue (romanzo: Charles Dickens)
Interpreti:
·         Bill Murray (Frank Cross)
·         Karen Allen (Claire Phillips)
·         Robert Mitchum (Preston Rhinelander)
·         David Johansen (Spirito del Natale Passato)
·         Carol Kane (Spirito del Natale Presente)
Anno: 1988
Paese: USA
Colore: colore
Durata: 101 minuti
Genere: commedia

lunedì 20 dicembre 2010

Georges Méliès e gli Smashing Pumpkins

Ancora una digressione fra video musicali e cinema. Questa volta tocca a Tonight, Tonight degli Smashing Pumpkins, album Mellon Collie and the Infinite Sadness, correva l'anno di grazia 1996. Confesso che non vedevo l'ora di pubblicarlo perché oltre a essere una canzone stupenda, un video incredibile è anche un vero tuffo (al cuore) nell'adolescenza (la mia).
Adesso come all'epoca, rimane un'operazione sorprendente.

La Luna nel film di Méliès del 1902
Si tratta di un intelligente e ricercato omaggio al cinema di Georges Méliès e al suo visionario film Voyage dans la Lune del 1902. Il regista francese, amante degli effetti speciali, aveva girato quella pellicola di fantascienza - probabilmente la prima in assoluto - basandosi sui romanzi di Verne. La luna antropomorfa, dal volto di pizza al formaggio e con un razzo infilato nell'occhio è una di quelle immagini che fanno parte della storia del cinema.

Nel video tutto è perfetto. I due geniali autori Jonhatan Dayton e Valerie Faris (marito e moglie registi, tra l'altro, di Little Miss Sunshine) integrano benissimo musica, immagini e componenti della band. Billy Corgan, carismatico cantante e leader degli Smashing, è sempre a suo agio davanti alla cinepresa. 

Da ascoltare e vedere inserendo il repeat. 



mercoledì 15 dicembre 2010

Scandalo al sole

Titolo: Scandalo al sole
Titolo originale: A Summer Place
Autore: Sloan Wilson
Anno: 1958

Il libro…


Sloan Wilson
Per pagarsi gli studi universitari, Ken Jorgenson aveva fatto il bagnino nell’esclusiva isola di Pine, dove la ricca borghesia dell’Est Coast villeggiava.  Lì aveva avuto una fugace ma intensa relazione con Sylvia già fidanzata con Bart Hunter, rampollo di una famiglia in vista di Boston. 
Vent’anni dopo Ken torna sull’isola, ma questa volta come turista. Le cose sono molto cambiate da quando veniva sbeffeggiato da tutti quei debosciati figli di papà per la sua umile condizione. Ora è sposato, ha una figlia di nome Molly che adora, una moglie puritana che non ama ma soprattutto è diventato milionario  grazie alla sua abilità di chimico e di imprenditore. A Pine Island ritrova Bart e Sylvia. Anche a essi la vita ha riservato importanti cambiamenti. Innanzitutto la ricchezza, che ora non c’è più. Poi la passione, anch’essa svanita. Si sono trasferiti a vivere sull’isola con i loro due figli, John e Carla; lì, per tirare avanti, si sono inventati albergatori, trasformando la vecchia dimora di famiglia in una casa-vacanza. Ma le cose non vanno bene: d’estate pochi clienti e d’inverno la solitudine, il freddo e un’esistenza al limite della sopravvivenza.
Com’è facile intuire, tra Ken e Sylvia si riaccende quell’antica passione mai veramente spenta. Sono sufficienti pochi giorni per far decidere ai due adulti di assecondare il cuore e di dare una svolta alle loro vite: divorzio dai rispettivi coniugi e inizio di una nuova esistenza insieme, questa volta felice.
Ma questo non è l’unico amore a sbocciare. C’è anche quello giovanile e, all’inizio, molto più platonico fra i figli di entrambi, Molly e John.
Tutto sarebbe perfetto se il divorzio non arrivasse a sconvolgere le vite di tutti, accanendosi in maniera particolare su quelle dei due adolescenti innamorati. Sballottati tra collegi e case sparse per gli States e ostacolati nel prosieguo della loro relazione, Molly e John rimarranno in contatto grazie a lettere, telefonate e qualche rapido incontro. In attesa di poter dichiarare a tutti il loro amore…

Raccontata così, la trama di Scandalo al sole fa inevitabilmente pensare al peggiore prodotto del genere “rosa" (dalla Collana Harmony in giù…). In realtà il romanzo di Sloan Wilson non solamente ha una sua dignità ma anche un suo “peso”, considerando il clamore che dovette suscitare negli anni Cinquanta, quando venne pubblicato.
Il tradimento, il divorzio e le conseguenze sui figli, la legittima aspirazione a essere felici e a rifarsi una vita e il rispetto delle convenzioni sociali, la sessualità degli adulti e quella degli adolescenti. Temi che in quel decennio tanto particolare e lontano – e non mi riferisco solo al numero di anni che lo separa dai Duemila – erano considerati più che proibiti, dei veri e propri tabù.
Dicasi lo stesso per la critica – che letta nella prospettiva di oggi, appare un po’ ingenuotta – contro l’ipocrisia e il perbenismo delle classi borghesi, contro il conformismo imperante nella middle class americana del primo e ideologicamente marcatissimo periodo della Guerra Fredda e contro la sessuofobia di matrice moral-puritana di quell’America profonda e provinciale.     
Ken e Sylvia scelgono la felicità, pur sapendo che sconteranno la loro decisione sia da un punto di vista affettivo (l’allontanamento dai figli) sia sociale (l’esclusione da parte dei vecchi amici). A costo di apparire egoisti non soffrono in silenzio, infelici con i rispettivi coniugi che non amano, ma hanno il coraggio delle proprie azioni, convinti che il tempo – per essere banali – sarà galantuomo e darà loro ragione (tra l’altro è difficile non comprenderli, visto che la moglie di Ken è un’acida maniaca dell’igiene, con una madre che definire scassaballe sarebbe riduttivo, mentre il marito di Sylvia è un ubriacone senza midollo, dal fare insopportabilmente sarcastico).
M’immagino l’effetto prodotto in Italia, Paese con una situazione socio-economica non solamente di forte disomogeneità e contraddittorietà, ma anche di spaventosa arretratezza sia in termini generali, sia rispetto a quella americana, dove – per esempio – il divorzio era consentito da molti decenni (da noi fu introdotto definitivamente per via referendaria nel 1974…).
Insomma, un romanzo tutto sommato piacevole e ben scritto, da leggere anche come un interessante documento dell’epoca. Se Wilson avesse sfrondato qua e là, alleggerendo la storia da qualche passaggio un po’ ripetitivo, sarebbe stato ancora più convincente.
Molto buona la parte iniziale e ben riuscita la descrizione del perbenismo imperante nella famiglia della moglie di Ken (roba da schiaffi).

…dal libro al film…


Locandina del film
Film hollywoodiano dell’onesto Delmer Daves che sfrutta gli aspetti più scandalistici e pruriginosi della vicenda, il tutto condito con una buona dose di ovvietà in salsa sentimentale. Per esempio, il rapporto fra i due ragazzi è molto delicato nel libro mentre nella pellicola è reso in maniera più diretta e senza sfumature. Analogo discorso per il personaggio di Molly che, nel romanzo, è dipinta come una ragazzina timida, riservata e seria, mentre nel film è una specie di ninfetta in piena tempesta ormonale.

Ne esce qualcosa di un po’ superficiale, ma ben confezionato, capace di creare dibattito e far parlare di sé. Una specie di American Beauty degli anni Cinquanta, per capirci. Non male, dunque, ma si galleggia senza andare mai a fondo nelle cose. Rispetto ad American Beauty, però, non c’è un interprete del calibro di Kevin Spacey.
I vari Richard Egan, Sandra Dee o Dorothy McGuire sembrano usciti dalle pubblicità del catalogo Postalmarket per cucine accessoriate e tagliaerba. Capelli scolpiti dalla lacca, sorrisi di un bianco eclatante, espressioni plastificate: non una goccia di emozione esce dalle loro performance.
Parte del successo è dovuto anche alla superba colonna sonora di Max Steiner.

Ultima annotazione su traduzione/scelte editoriali: in inglese il titolo originale è A Summer Place. Da noi si è deciso di piazzarci la parola “scandalo”…

Dati film:

Titolo: Scandalo al sole
Titolo originale: A Summer Place
Regista: Dalmer Daves
Sceneggiatura: Dalmer Daves (romanzo: Sloan Wilson)
Interpreti:
·         Richard Egan (Ken Jorgenson)
·         Dorothy McGuire (Sylvia Hunter)
·         Sandra Dee (Molly Jorgenson)
·         Arthur Kennedy (Bart Hunter)
·         Troy Donahue (John Hunter)
Anno: 1959
Paese: USA
Colore: Colore
Durata: 130 minuti
Genere: Drammatico, romantico
Internet Movie Data base

giovedì 9 dicembre 2010

Shutter Island

Titolo: L’isola della paura
Titolo originale: Shutter Island
Autore: Dennis Lehane
Anno: 2003

Il libro…


Copertina edizione americana
Anni Cinquanta. Shutter Island è uno sputo di terra in mezzo al mare di fronte a Boston; su di esso sorge un ospedale psichiatrico per pericolosi criminali ricavato da un vecchio forte risalente alla Guerra Civile americana.
Due agenti dell’Fbi, Teddy Daniels e Chuck Aule, sono inviati su quel roccioso isolotto per far luce sulla scomparsa di Rachel Solando, lì detenuta per aver ucciso i suoi tre bambini. La donna sembra essersi volatilizzata durante la notte, non lasciando altra traccia di fuga che un rompicapo numerico da decifrare.
Sin dall’inizio, l’indagine risulta essere più complessa di una semplice ricerca di persona scomparsa. E non solo da un punto di vista puramente investigativo. Le stesse condizioni in cui i due federali si trovano a operare non rendono facile il loro compito. Il microcosmo rappresentato dall’istituto Ashecliffe, impenetrabile da ogni realtà esterna e regolamentato da ferree procedure di sicurezza, rallenta e ostacola la ricerca della verità. Medici, guardie e operatori che lavorano nella struttura custodiscono gelosamente il proprio isolamento e impediscono alla coppia di detective di accedere alle informazioni se non passando attraverso il loro rigido filtro.
A complicare la faccenda contribuisce pure la meteorologia. Una pioggia battente e gelida che si trasformerà in uno spaventoso uragano spazzerà l’isola, creando altri intoppi alle indagini.
Alla misteriosa impenetrabilità dell’istituto Ashecliffe e alle possibili non dichiarate attività che lì sono svolte s’interessa, in particolare, il detective Daniels. La sua presenza è giustificata da un intricato intreccio di ragioni, investigative e personali. Innanzitutto dalla volontà di capire se in quella struttura governativa si svolgono esperimenti proibiti o top secret sul corpo e sulla mente dei pazienti e, secondariamente, dal desiderio di vendicarsi del piromane che ha appiccato l’incendio in cui è morta sua moglie Dolores e che, come sembra, è detenuto sull’isola.
Quest’ultimo elemento è il collegamento tra Shutter Island e Daniels. Infatti, alle difficoltà esterne, fanno da contraltare quelle tutte interiori che attraversano la fragile psiche dell’agente dell’Fbi. Segnato dalla recente morte della giovane moglie e dai terribili ricordi delle brutalità vissute in guerra (le esecuzioni dei nemici e il campo di concentramento di Dacau), il detective “sente” particolarmente l’atmosfera cupa e opprimente che si respira sull’isola. La sua condizione peggiorerà anche a causa dell'inclinazione a soffrire di terribili emicranie e di un costante senso di nausea-soffocamento dato dalla presenza del mare.

Una storia dove l’indagine poliziesca è, in realtà, un viaggio nell’oscurità della mente. La ricerca della donna scomparsa diviene lo strumento per andare fino in fondo, per far riemergere ricordi nascosti nel buio del subconscio. L’obiettivo è riportare alla luce quello che sembra perso per sempre e che, invece, bisogna solamente saper cercare nel modo giusto.
I colpi di scena non mancano, così come la tensione mantenuta sempre alta tutto lungo le 350 pagine del romanzo di Dennis Lehane (quello di Mystic River, per capirci). I ritmi serrati e la capacità di creare attesa e suspense rendono digeribile una struttura piuttosto complessa dove flash back, momenti di sogno e veglia si confondono l’uno con l’altro.  
Shutter Island è un romanzo di “percezioni”: la pioggia incessante, l’uragano che spazza l’isola, i malditesta di Daniels, il fumo delle mille sigarette che sembrano peggiorare i suoi dolori, l’odore di disinfettante dei reparti. È anche un libro di “sensazioni”: la paura del mare, il dolore e la nostalgia per la donna amata che non c’è più, il sangue visto in guerra, schegge di ricordi che in maniera confusa riemergono dal passato.  

…dal libro al film…

Locandina del film
Un Martin Scorsese in gran forma gira un film curatissimo in grado di restituire molte delle sensazioni e delle descrizioni del romanzo. Shutter Island è proprio come ce la s’immagina leggendo il libro di Lehane.

Il regista è bravo anche a destreggiarsi con i flash back e il delicato passaggio tra sogno e realtà. Il rischio di creare un prodotto pasticciato e incomprensibile era molto alto.   
Tuttavia, resta inferiore al libro che può permettersi di “dilungarsi” maggiormente, di “spiegare” meglio, di usare qualche parola in più (cosa che con la macchina da presa non si può fare, pena la realizzazione di qualcosa di noioso e piatto).

Di Caprio conferma la sua fama di ottimo interprete. Unico appunto: il suo viso è ancora “troppo giovane”. Per interpretare l’agente Daniels avrei visto meglio qualcuno con un'espressione più matura (ma siamo veramente all’opinione personale)…

Dati film:

Titolo: Shutter Island
Titolo originale: Shutter Island
Regista: Martin Scorsese
Sceneggiatura: Laeta Kalogridis (romanzo:Dennis Lehane)
Interpreti:
·         Leonardo Di Caprio (agente Teddy Daniels)
·         Mark Ruffalo (agente Chuck Aule)
·         Ben Kingsley (Dr. John Cawley)
·         Emily Mortimer (Rachel Solando)
·         Max Von Sydow (Dr. Jeremiah Naehring)
Anno: 2010
Paese: USA
Colore: Colore
Durata: 138 minuti
Genere: Drammatico / Thriller
Internet Movie Data base

giovedì 2 dicembre 2010

Shining

Titolo: Shining
Titolo originale: The Shining
Autore: Stephen King
Anno: 1977


Il libro…


Jack Nicholson-Jack Torrance in un scena del film
Difficile parlare di qualcosa che è entrato così profondamente nella cultura pop. Scene, battute, momenti del film di Kubrick sono diventati, ormai, dei riferimenti immediatamente riconoscibili e condivisi. È sufficiente citare “Jack Torrance”, “Hotel Overlook” o “il mattino ha l’oro in bocca” per evocare l’idea della follia (il ghigno di Jack Nicholson con in mano un ascia), della paura (l’hotel dove nessuno vorrebbe mai passare le vacanze) o della paranoia (i fogli dattiloscritti tutti riempiti con la stessa e ossessiva frase).

La pellicola è talmente famosa che quasi quasi oscura il libro. Eppure Shining è uno dei migliori romanzi di King, per intenderci quelli del primo periodo della sua carriera, quando il “re” beveva qualche birra di troppo…
La storia è notissima. La vita di Jack Torrance sta andando in frantumi: insegnante di liceo appena licenziato (per aver picchiato uno studente), con un serio problema di alcool e dalla vita matrimoniale sull’orlo della crisi. Per sbarcare il lunario e mantenere la propria famiglia accetta il posto di guardiano in un hotel in Colorado, l’imponente Overlook. Il compito è abitarlo durante i mesi di chiusura invernale. Lo accompagneranno nell’incarico anche la moglie Wendy e il figlioletto Danny. Libero da impegni pressanti, Jack avrebbe l’opportunità di rimettere ordine nella propria esistenza, di liberarsi dai propri demoni e di ricucire il rapporto con la moglie. Questo nelle intenzioni. In pratica, isolati dal resto del mondo da un’alta coltre di neve che si scioglierà solamente in primavera, la loro permanenza all’hotel Overlook si rivelerà peggio di un incubo. Cosa che Danny, un bambino di grande intelligenza e dotato di facoltà che ricordano molto da vicino la chiaroveggenza, percepisce ben prima della partenza. Danny capisce che all’Overlook hotel risiede qualcosa di molto malvagio, qualcosa che è pronto a risvegliarsi e fare del male a lui e alla sua mamma. Qualcosa che s’impadronirà della mente di suo padre Jack.  
Le sue visioni sono esatte. L’albergo è abitato da presenze malefiche che si risvegliano durante il lungo inverno. Jack si lascia sempre più andare, in preda ai propri fantasmi, alle proprie paure e ai propri sensi di colpa. Ben presto la sua ossessione sarà fare del male alle persone alle quali vuole più bene. L’alcool che lo intontisce sarà il catalizzatore capace di scatenare la sua furia. A difesa di Danny e della sua mamma non resta altro che la “luminescenza” o “luccicanza” del bambino.

Romanzo stupefacente per ricchezza di temi e per scrittura. King è straordinariamente capace nel passare dalla descrizione dell’azione a quella dei pensieri più intimi dei personaggi (e nello specifico di Jack e Danny). Piccole frasi in corsivo che spezzano la narrazione con l’obiettivo – centratissimo – di renderci partecipi delle contraddizioni, delle paure e delle ossessioni che scuotono padre e figlio. Se è bravo a interpretare e catturare i pensieri più reconditi e indicibili di Jack, King dimostra di essere ancora più abile quando ci conduce all’interno della mente molto particolare del piccolo Danny (questo accadrà anche con il monumentale It, quando il “re” dimostrerà di saper catturare perfettamente le emozioni e il modo di ragionare dei bambini e degli adolescenti).      
L’autodistruzione è uno dei concetti-chiave del romanzo. È il buco nero in cui viene attirato Jack: temperamento violento, mancanza di volontà e incapacità di mantenere le promesse, alcoolismo. Questi sono gli ingredienti che lo spingono a negare sé stesso, a distruggere la propria vita e provare il terribile e irrefrenabile desiderio di fare del male alle persone per le quali prova l’amore più profondo. Si tratta di quel “buio della mente” che fa compiere le azioni più cattive e contronatura come quella di esercitare violenza sul proprio figlio.
L’altro concetto è quello della malvagità che pervade le cose e i luoghi. Jack non è pazzo. I suoi comportamenti non sono solo il frutto di una patologia. Di certo Jack ha un fondo di squilibrio, forse è addirittura predisposto alla crudeltà, ma è l’hotel Overlook a spingerlo oltre il limite. La negatività esiste, così come gli spiriti e i fantasmi che si risvegliano durante il loro soggiorno. L’hotel Overlook è stato teatro di delitti e luogo di perversione: questa energia imprigionata vuole liberarsi e Jack è lo strumento giusto per farla uscire. 
Esiste, poi, il polo positivo formato da Wendy e, soprattutto, da Danny. La “luminescenza” di Danny è la sola difesa contro la furia del padre, l’unica speranza di salvezza per lui e sua madre.
I bambini sono le creature più esposte alle conseguenze degli errori degli adulti. Danny soffre per i continui screzi tra i suoi genitori (ha una paura blu della parola “divorzio”), ha sofferto per l’abuso di alcool del padre (che involontariamente gli ha spezzato un braccio quando era più piccolo) e dovrà combattere contro forze del male, apparentemente, molto più potenti di lui (gli spiriti che popolano l’Overlook Hotel). Come accade in altri romanzi di King (Cujo, per esempio), i bambini sono i veri “eroi” che si sobbarcano sulle loro spalle strette il peso di situazioni che non hanno generato.

Piccola annotazione. La prima edizione italiana di Shining (che ho letto) è stata tradotta con l’incredibile titolo di Una splendida festa di morte… misteri editoriali…


…dal libro al film


Danny Lloyd - in una scena del film
Ripeto: impossibile parlare di un film già ampiamente sezionato, analizzato, sviscerato, tagliuzzato, discusso da schiere di storici del cinema, di critici e di semiologi.
Un consiglio. Anzi due. Guardatelo (se non l’avete ancora fatto) o riguardatelo e, poi, se volete saperne di più, cercate notizie su Google o in qualche libreria specializzata. Sicuramente troverete abbondante materiale per soddisfare la vostra sete di sapere (soddisfazione per ogni palato e per ogni livello di approfondimento).
Tutto contribuisce a renderlo un capolavoro: la tecnica di Kubrick (l’uso della steadicam, per esempio), scene cult come le gemelline morte vestite in azzurro, Danny che corre nei labirintici e moquettati corridoi dell’Overlook sul suo triciclo di plastica, gli ascensori che grondano sangue, la faccia stravolta di un inarrivabile Nicholson.
Scegliete voi.

Dati film:

Titolo: Shining
Titolo originale: The Shining
Regista: Stanley Kubrick
Sceneggiatura: Stanley Kubrick, Diane Johnson (romanzo: Stephen King)
Interpreti:
·         Jack Nicholson (Jack Torrance)
·         Shelley Duvall (Wendy Torrance)
·         Danny Lloyd  (Danny Torrance)
·         Scatman Crothers (Dick Hallorann)
·         Barry Nelson (Stuart Ullmann)
Anno: 1980
Paese
: USA, Gran Bretagna
Colore: colore
Durata: 142 minuti (119 minuti versione europea)
Genere: Thriller/horror
Internet Movie Data base

sabato 27 novembre 2010

Quale sarà il prossimo libro-film?

Copertina del singolo
In attesa del futuro libro-film, pubblico un video che dovrebbe far intuire di quale capolavoro parlerò nel prossimo post. Proseguo sulla strada dell'intreccio (non volevo usare la parola "contaminazione"...) tra libri, pellicole e musica. Oggi tocca a Karmacoma, brano dei Massive Attack + Tricky, collettivo inglese di trip-hop.

Realizzato nel 1995 da Jonathan Glazer (andate su Wikipedia per scoprire per quali altri grandi artisti ha girato video musicali...http://en.wikipedia.org/wiki/Jonathan_Glazer) il video è senza dubbio uno di quelli che si ricordano. Perfettamente adatto alla musica ipnotica dei Massive, a ogni passaggio si scopre qualche dettaglio e qualche riferimento cinematografico-letterario in più...

Buon ascolto e buona visione... (attendo commenti)

martedì 23 novembre 2010

...Bella di Giorno e i Garbage?!

Piccola deviazione dal tema del blog. Dunque, non solamente libri e film ma anche musica (quando quest'ultima è in grado di collegare i primi due...).
Nello specifico, pubblico l'esplicito richiamo a Bella di Giorno che i Garbage fanno attraverso il loro video Tell Me Where It Hurts. Un ottimo prodotto da vedere e ascoltare: raffinata citazione, bella canzone e solito fascino di Shirley Manson, cantante scozzese ormai trapiantata negli Stati Uniti.

Non è un caso che la realizzazione sia opera di Sophie Muller, superesperta regista di numerosissimi video.

sabato 20 novembre 2010

Bella di Giorno

Titolo: Bella di Giorno
Titolo originale: Belle de Jour
Autore: Joseph Kessel
Anno: 1928

Il libro…


La Deneuve nei panni di Bella di Giorno - scena dal film
Séverine Serizy è una giovane ed elegante signora della medio-alta borghesia parigina. Sposata con un promettente chirurgo, conduce una vita agiata, vive in una bella casa e non ha preoccupazioni economiche. Tuttavia, non è felice. Forse a causa di un tentativo di violenza subita quando era piccola (ma di cui non conserva alcun ricordo cosciente), Séverine ha una vita sessuale problematica, in costante oscillamento tra frigidità e desideri al limite della perversione. Un giorno, durante una conversazione con l’amica Renée e il viscido seduttore Husson – un conoscente di suo marito – scopre che una donna insospettabile, appartenente al loro stesso ambiente rispettabile e borghese, aveva deciso di fare la prostituta in una casa d’appuntamenti in rue Virène. La notizia la turba e la intriga al tempo stesso.
Come attirata da una forza irresistibile, Séverine si reca in rue Virène. Dopo un primo momento di naturale imbarazzo e dopo qualche indecisione, la giovane donna prende un impegno con la tenutaria, tale madame Anaïs: incontrerà i clienti ogni pomeriggio, intrattenendosi con loro dalle 14 alle 17, ma non un minuto di più. Visti i suoi orari, la sua nuova e inconsueta datrice di lavoro le affibbia il nomignolo – indispensabile in quell’ambiente – di “Bella di Giorno”.
Pomeriggio dopo pomeriggio prende forma la doppia vita di Sèverine.
Nel bordello di madame Anaïs c’è anche il tempo per scoprire cos’è la vera passione, quella che non aveva mai provato con il marito, così precisino ed educato. A darle questa gioia ci pensa il giovane Marcel, un tipo losco e dai denti d’oro che frequenta le ragazze di rue Virène insieme all’amico Hippolyte, quando il vento gira dalla parte giusta e qualche soldo arriva in tasca. 
L’azzardo di vivere due esistenze parallele regge per un po’ di tempo, ma è chiaro fin da subito che, prima o poi, qualcosa di dovrà succedere. Tutta l’attenzione che pone Séverine-Bella di Giorno per non farsi scoprire va in briciole quando a casa di madame Anaïs si presenta Husson, il conoscente di suo marito. I due mondi, che dovevano restare paralleli, sono venuti in contatto. La segretezza sulla sua doppia vita custodita con grande abilità fino ad allora si sgretola e Sèverine, presa dal panico, non si presenta più in rue Virène. Ma fuggire non è sufficiente per riportare la sua vita a prima di quel giorno in cui aveva deciso di varcare la soglia della casa di appuntamenti. Ormai il meccanismo è stato azionato e non è facile bloccarlo senza che ci siano delle gravi conseguenze per lei e per quelli che le stanno intorno (come d’abitudine però, non farò alcuna rivelazione…).

…dal libro al film…

Caso emblematico di come da un libro in sé non particolarmente interessante e coinvolgente possa nascere un film eccezionale. Potere di un immenso regista come Luis Buñuel e di una splendida attrice come Catherine Deneuve.
I freni inibitori che abbiamo sviluppato durante la crescita, le convenzioni che regolano la nostra società e l’educazione che abbiamo ricevuto lavorano per contenere e controllare l’abisso dei nostri desideri più reconditi, oscuri e inconfessabili.
Ai toni e ai temi artificiosi, tra il moralistico e il pruriginoso, del libro di Kessel, la pellicola di Buñuel oppone una freschissima ironia e uno sguardo mai banale sulla sessualità, i suoi meccanismi e sul ruolo che il sesso ha nella società borghese. Il regista spagnolo è abilissimo a passare dal sogno alla realtà, a rappresentare la doppia vita e, soprattutto, la doppia personalità della protagonista. Nel personaggio di Séverine si susseguono e si mescolano – con grande naturalezza – elementi diversi, contrastanti: insensibilità e assenza di passioni, fantasie erotiche spinte – e dall’effetto volutamente comico – e grande capacità di autocontrollo e dissimulazione.
Catherine Deneuve e Pierre Clementi - nel film
La Deneuve, poi, contribuisce a rendere il film un capolavoro. Non può esserci opposizione più stridente tra la sua bellezza raffinata e limpida – sottolineata ancor di più dall’eleganza degli abiti Chanel o Yves Saint Laurent – e la sordida esperienza vissuta nel bordello. Soprattutto se quest'ultima non solamente è stata cercata e voluta, ma anche fortemente sentita…
Incisiva anche l’interpretazione di Pierre Clementi, nei panni del giovane e violento Marcel. 
Alla fine del film si resta piacevolmente interdetti. Da rivedere e rivedere.

Dati film:

Titolo: Bella di giorno
Titolo originale: Belle de jour
Regista: Luis Buñuel
Sceneggiatura: Luis Buñuel, Jean-Claude Carrière (romanzo: Joseph Kessel)
Interpreti:
·         Catherine Deneuve (Séverine Serizy-Bella di Giorno)
·         Jean Sorel (Pierre Serizy)
·         Michel Piccoli (Henri Husson)
·         Pierre Clementi (Marcel)
·         Geneviève Page (Madame Anaïs)
Anno: 1967
Paese: Francia, Italia
Colore: Colore
Durata: 101 minuti
Genere: ?